La vicenda: la moglie vanta un credito derivante da assegno di mantenimento stabilito nella sentenza di separazione personale. Intraprende un’esecuzione immobiliare contro il marito. Questi si oppone ed eccepisce in compensazione un controcredito derivante dall’adempimento, da parte sua, di un mutuo fondiario stipulato da entrambi.
Il Tribunale di Palermo accoglie l’opposizione del marito e condanna l’ex moglie al pagamento della somma eccedente la compensazione.
La moglie propone appello. La Corte di Appello di Palermo rigetta il gravame affermando che il divieto di compensazione dei crediti alimentari non poteva trovare accoglimento in quanto il credito oggetto del titolo esecutivo non aveva natura strettamente alimentare o, perlomeno, non era stata offerta nessuna prova in merito a quanto, quel credito, riguardasse gli alimenti per i figli.
Si arriva così in Corte di Cassazione. Gli Ermellini, con sentenza n. 9686 del 26.05.2020, affermano che il ricorso, oltre ad essere in parte inammissibile, risulta infondato. In particolare, la Corte ribadisce che, secondo la giurisprudenza di legittimità, «il credito relativo al mantenimento dei figli, anche maggiorenni, se ancora economicamente non indipendenti, è propriamente alimentare». Si tratta di un «credito che presuppone uno stato di bisogno strutturale perché riferito a soggetti carenti di autonomia economica e, come tali, titolari di un diritto di sostentamento conformato dall’ordinamento con riguardo alla complessiva formazione della persona».
Ne consegue, chiarisce la Corte, che “la ragione creditoria è indisponibile e impignorabile se non per crediti parimenti alimentari e, di conseguenza, non compensabili”.
Tuttavia, la medesima cosa non può dirsi per il credito a titolo di mantenimento del coniuge che non ha pari struttura e che trova la sua fonte legale nel diritto all’assistenza materiale inerente al vincolo coniugale e non nell’incapacità della persona che versa in stato di bisogno.
Al debitore esecutato, quindi, è consentito opporre in compensazione al creditore esecutante un controcredito, purché certo e, laddove ancora illiquido, di importo superiore al credito azionato esecutivamente.
La Suprema Corte, quindi, rigetta il ricorso dell’ex moglie: “al credito per mantenimento del coniuge azionato esecutivamente non possa in alcun caso opporsi in compensazione, ex art. 615 c.p.c., un controcredito certo e illiquido ma di pronta liquidazione”.
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